A chi mi devo rivolgere? Chi mi può aiutare?
Quando si decide di intraprendere il percorso di transizione la prima cosa da fare è reperire le informazioni sulla struttura più vicina per ottenere il riconoscimento della disforia di genere.
Anni fa, reperire queste informazioni era molto complicato, in quanto vi era poca chiarezza sia a livello ospedaliero, sia a livello amministrativo, sia a livello informativo. Senza contare che, se non su conoscevano associazioni di settore (onig, mit, arci, ecc.), che ti potessero aiutare, era davvero un difficile trovare dei professionisti che ti potessero aiutare.
In Italia non tutte le regioni sono munite strutture adeguate, come mostra anche il primo portale istituzionale in Europa (www.infotrans.it).
Nel caso in cui non si abiti vicino ad una struttura bisogna prepararsi a dei viaggi lunghi e costosi. In particolar modo nel centro-sud Italia vi sono molte troviamo regioni sprovviste (Marche, Abruzzo, Molise e Basilicata). Queste regioni, come altre, riescono a dare veramente poco supporto se non nullo alle persone Transgender, salvo il caso in cui siano nati nuovi centri di recente.
In genere chi aiuta di più le persone che vogliono effettuare il percorso di transizione sono i professionisti stessi che si occupano delle varie fasi del percorso. Ma come si può avere fortuna si può avere anche sfortuna e non sempre si riesce a trovare la persona/e giuste che ti aiutino a reperire le informazioni.
Essere trans significa sentire che il proprio corpo non coincide con la propria identità di genere (cosa si sente di essere). Personalmente ho iniziato a sentire che qualcosa non funzionava in me all’età di tre anni. Mi chiedevo perché mi sentissi femmina se il mio corpo fosse da maschio.
Mi sono sentita sola. Nessuno mi ha aiutata a quei tempi, anzi mi hanno mandata a fare una specie di percorso psicologico di re-indirizzamento verso il sesso biologico, a scopo rieducativo, non per capire cosa realmente mi sentissi e provassi. All’asilo, prima della psicologa, lottavo con tutta me stessa per mostrare al mondo come mi sentissi, ma tutti erano sordi e quando ho iniziato la terapia mi sono chiusa in me stessa perché avevo già sopportato abbastanza discriminazioni da parte degli altri, visto che essendo nata biologicamente maschio dovevo comportarmi come tale.
Mi faceva male nascondere cosa sentissi. Mi nascondevo a piangere quando ero triste perché non ero come gli altri bambini. Ciò che mi ha dato la forza di superare tutto è stato scoprire all’età di 8 anni, con la mia migliore amica, che esisteva un percorso di transizione e che potevo cambiare il mio corpo. Per tanti anni è stata l’unica cosa bella che mi teneva a galla, specie quando sono entrata nell’adolescenza. In quel periodo vedevo il mio corpo andare verso ciò che non volevo per me stessa.
Sono pensieri che ti dilaniano e sono continui. Quando ti guardi allo specchio ti fai schifo e a volte pensi pure cosa ti hanno sempre detto, che sei un mostro. Re-inizi a vivere solamente quando inizi il percorso ormonale e vedi il tuo corpo fiorire come volevi e ti immaginavi da adolescente. Ecco cosa significa realmente essere trans, voler finalmente far combaciare l’esterno con l’interno, il corpo con l’anima, il sesso identificativo con l’identità di genere.
Mtf o ftm? Quale genere mettere?
La terminologia mtf e ftm viene usata per indicare il percorso di transizione intrapreso. Si intende mtf per “male to female” ovvero da maschio a femmina, altresì ftm si utilizza per indicare da femmina a maschio quindi “female to male”. Per indicare il genere da mettere semplicemente si indica femminile per le persone mtf (la ragazza o la donna transessuale) e il genere maschile per le persone ftm (il ragazzo o l’uomo transessuale).
Le difficoltà sono molteplici all’interno della nostra società. Una fra le più importanti è trovare un lavoro che permetta di vivere e dove magari si ha una piena accettazione, almeno dal punto di vista lavorativo. Le altre difficoltà in generale sono legate agli stereotipi.
Facciamo un esempio tipico, se sei una donna transessuale (mtf) e sei etero (quindi ti piacciono i ragazzi), il pensiero medio che ti viene rivolto è: ”ma se ti piacciono i ragazzi, perché non rimani un uomo gay?”. Lo stesso vale per gli uomini transessuali (ftm) sempre etero solamente al contrario, quindi: ”ma se ti piacciono le ragazze, rimani lesbica, no?”.
Queste frasi fanno male, sapete perché? Perché se effettivamente ci sentivamo donne o uomini biologici rimanevamo così, senza passare per l’inferno del percorso di transizione. Vogliamo sentirci in pace con noi stessi, non dover fingere per adattarci a ciò che vogliono gli altri per noi.
Un altro stereotipo tipico rivolto alle donne transessuali è: ”lo hai fatto per i vestiti e per i trucchi? O per qualche cazzo in più?”. Sentirsi dire queste cose è mortificante, specie se ti senti diversa fin da piccola, specie se per tanti anni ti sei dovuta nascondere e confidare solo con le amiche di cui ti fidi ciecamente, parlare di cosa senti e cosa vuol dire doverti nascondere come se fossi un serial killer. Immaginate cosa voglia dire provare ad essere se stessi e sentirsi dire che si è dei mostri.
Sapete cosa significa vivere queste emozioni ogni giorno? Fanno male al cuore perché magari vorremmo solo un po’ d’affetto e d’amore e sentirsi accettati per quello che siamo. Sentirsi morire ogni giorno, a sentire il proprio nome di battesimo, dover accettare per forza il proprio sesso biologico. Andare a dormire e sperare che l’indomani succeda un miracolo, quello di avere finalmente un corpo che combacia con la tua identità di genere.
Noi staremo decisamente meglio senza tutto questo fardello. Chi ha un corpo che corrisponde con la propria identità di genere, non sa la fortuna che ha.
Quali sono gli stereotipi dei giudici di giustizia nei confronti delle persone trans?
Quando si inizia il percorso giudiziario molte volte si incappa davanti a molti giudici che non sono informati in materia. Magari solo dopo la prima udienza i giudici si informano e smettono di considerare le persone che hanno davanti come persone che fanno i capricci. In seguito bisogna avere la fortuna di trovare dei giudici che non siano conservatori, possibilmente che conoscano anche la direttiva europea in modo tale da abbattere le tempistiche del percorso e con un minimo di empatia. Capiamo già che in Italia sono rari.
Esistono community? Quali?
Molte delle comunità trans esistono solo online e nella realtà sono rare e molto piccole. Online sono attive principalmente con gruppi su Facebook, invece nella realtà possono essere dei piccoli gruppi di amicizie consolidate nel tempo o piccoli gruppi collegati con le associazioni territoriali del settore. A mio malincuore devo dire che la maggior parte delle persone del mondo trans pensano solo a loro stesse e al loro tornaconto personale, vuoi per le difficoltà legate al percorso di transizione e a quello che si ha passato, ma una vera comunità trans specie italiana non esiste.
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